Il fascista intransigente lo chiamarono, colui che osò sfidare il Duce. Nativo di Portici, Aurelio Padovani, a soli 18 anni prese parte alla Grande Guerra arruolandosi volontario come allievo sergente nell’ 11° reggimento bersaglieri. Forti si fecero, a guerra terminata, le voci di una imminente rivoluzione ed il Comandante era fortemente intenzionato a prenderne parte. A tal proposito, il 4 aprile 1920, Aurelio Padovani, l’avvocato Domenico Miranda ed il capitano Alberto Navarra, fondarono il fascio napoletano di cui, nel marzo successivo, lo stesso Comandante ne divenne segretario. Riuscì, agli albori del ‘22, a portare nel sindacato fascista tutte le organizzazioni portuali di Napoli, organizzando un incredibile protesta all’interno del porto. Ardito nelle vene, fu uno dei cinque Comandanti di zona a volere la Marcia su Roma e ad organizzare le squadre di azione della Campania. Le sue azioni erano figlie della convinzione secondo la quale lo squadrismo, nella sua visione politica, era uno strumento per distruggere la rete sindacalista avversaria e conquistare il consenso di masse operaie per la causa nazionale – patriottica. Ebbe l’onore di presentare Benito Mussolini a Napoli, all’ interno del teatro San Carlo, ma proprio con il Duce, a cominciare dal congresso nazionale del partito fascista, ebbe accesi disaccordi. In diverse occasioni mostrò come l’appellativo di Intransigente fosse assolutamente adatto alla sua persona, soprattutto in occasione della fusione tra il partito nazionale fascista e l’associazione nazionalisti italiani, a seguito della quale Padovani presentò le dimissioni dalla carica di luogotenente generale oltre che da ogni carica politica. Tanta ostilità era frutto della ferrea convinzione del Comandante che tale fusione fosse segno della condanna della propria linea politica, mentre i nazionalisti vedevano nella sua opposizione una connotazione antigovernativa ed antimussoliniana. Il 19 maggio 1923 si dimise da ogni carica nel fascismo e nella Milizia, pur confermando la sua fedeltà a Mussolini. Questa decisione scatenò una sorta di effetto Domino: seguirono una serie di dimissioni a catena dei principali capi politici Campani, sindacali e della Milizia oltre che di di decine di semplici fascisti, poi reintegrati. Diversi furono i tentativi di riconciliazione e, a seguito dell’ ennesimo rifiuto, per esplicito ordine del Duce, si decise di porre fine ad ogni possibile reintegro nel Partito. Nonostante i forti contrasti, Padovani si mostrò sempre fedele al Duce e non assunse la guida di nessun movimento dissidente. Piuttosto, pur lontano dalla politica, restò a lungo punto di riferimento del fascismo napoletano, stimato da ogni aderente al partito. Diverse le manifestazioni organizzate in suo onore, ed, ironia della sorte, proprio durante una di queste celebrazioni, a seguito del crollo della terrazza della sua abitazione, morì il 16 giugno del 1926. Migliaia di napoletani e di fascisti parteciparono ai suoi funerali; Mussolini ed i principali gerarchi inviarono telegrammi di condoglianze. Forti furono i sospetti di un complotto ma le inchieste confermarono la tesi del crollo strutturale. Oggi come allora Padovani è un punto di riferimento per tutta la nostra comunità.
Comandante Padovani Presente!