In una Napoli in cui ormai un bambino su tre è analfabeta o, seppur in grado di leggere, fa fatica a comprenderne il significato, i figli del politicamente corretto che risiedono ai vertici del celebre ateneo “L’Orientale” hanno ritenuto opportuno, in accordo con il Cicla (Centro interdipartimentale dei servizi linguistici e audiovisivi) e con la Onlus Less (Associazione per la lotta all’esclusione sociale), aprire le porte delle proprie aule, a titolo completamente gratuito, ai migranti.
Di contro ad ogni logica, al buon senso e, perché no, anche alla Costituzione che dovrebbe garantire a tutti i Cittadini l’istruzione obbligatoria, l’ateneo regala corsi, ad oggi, a 90 migranti, tra studenti effettivi ed ascoltatori.
Come se poi tutto ciò fosse ancora poco, i corsisti sono esenti dal pagamento della tassa regionale, dei ticket di immatricolazione, dei libri di testo ed in molti casi anche degli alloggi.
Sterile buonismo, chiaramente.
Dato il taglio dei fondi all’istruzione, data la mancata erogazione (negli ultimi due anni!) delle borse di studio per i meritevoli e per le fasce disagiate, date le pessime condizioni in cui si è costretti a seguire le lezioni (qualora i professori si presentino a lezione), ci si chiede la provenienza dei fondi per i corsi gratuiti.
La risposta è semplice: dal resto degli studenti. Italiani si intende.
Polemica, questa, giunta già alle orecchie della rettrice. Inutile allarmarsi, a suo dire. Anche le fasce più deboli possono studiare e godere di agevolazioni. Peccato che queste agevolazioni costino, a famiglie ormai in ginocchio, un minimo di circa 500 euro, cui vanno aggiunte la tassa regionale obbligatoria di 140 euro, i contributi di immatricolazione che oscillano intorno ai 50 euro, l’acquisto dei libri di testo e tutto quanto ancora ruoti intorno al mondo dell’università.
«Si tratta di un progetto di integrazione unico in Italia e che è stato già adottato in Germania, a Bonn con risultati davvero molto importanti. Perché abbiamo deciso di replicarlo a Napoli? Vogliamo offrire un’occasione a giovani che intendono costruirsi una vita diversa da quella precedente, tutto qui. Non diteci però che discriminiamo gli italiani che non hanno la possibilità di mantenersi agli studi perché sono previste agevolazioni specifiche per i redditi più bassi. Chi vuole, può studiare da noi senza spendere tanto. Le polemiche le accettiamo, ma non le strumentalizzazioni».
Difficile non storcere il naso per queste dichiarazioni. Soprattutto a fronte dei dati resi noti da Save the Children circa i livelli d’istruzione in Campania, con soli 3 bambini su 100 che frequentano l’asilo, istituti fatiscenti, lacune nelle materie fondanti come la matematica. “Il terzo mondo (che parla italiano) dietro l’angolo” e “Migranti a casa loro”; alcune delle definizioni che si leggono al riguardo. Eppure c’è chi resta cieco, bendato dalle fasce del buonismo che dilaga.
Iniziativa, questa, non unica. Appena un anno fa, Severino Nappi (assessore al lavoro, alla formazione professionale, all’orientamento, all’immigrazione e all’emigrazione della Regione Campania) destinò circa un terzo dei fondi destinati al progetto “Garanzia Giovani” ai migranti.
Iniziativa lodevole, agli occhi dei più. Peccato che quei fondi potevano, con maggior logica, essere destinati ai Nostri giovani, per garantirgli una formazione che al momento non possono avere, una opportunità lavorativa che gli viene sottratta ogni volta che i fondi loro destinati cambiano direzione e finiscono nelle tasche di chi si nasconde dietro le maschere dell’accoglienza e dell’integrazione.
Soldi che, eppure è così, potrebbero andar ulteriormente sprecati qualora la domanda di asilo venisse rigettata.
Ebbene si, siamo tutti uguali.