Così come per qualsiasi altro autore che abbia lasciato il segno nella storia , anche per George Orwell vale la regola per cui è difficile, se non impossibile, poter parlare e scrivere della sua figura senza far riferimento a vita ed opere, le quali vanno vicendevolmente a mescolarsi fino a fondersi in un vero e proprio unicum, all’interno del quale sarà molto più facile cogliere la sua grandezza e la sua specificità. Qualche cenno sulla vita. Orwell nasce a Motihari, Bihar, in India, il 25 giugno 1903 da una famiglia di origini scozzesi appartenente alla cosiddetta “nobiltà senza terra”, come lo stesso George amava definirla. I primi anni della sua vita li passa soprattutto in Inghilterra con la madre e la sorella, mentre il padre, anglo-indiano, è un funzionario della amministrazione britannica nel territorio indiano. Dopo aver conseguito una borsa di studio al St. Cyprian di Eastbourne, viene ammesso all’Eton College. E la frequentazione quadriennale di questo prestigioso college rappresenterà, infatti, un vero e proprio spartiacque all’interno della vita artistica, e non solo, del giovane Orwell. Qui avrà la possibilità,infatti, di seguire le lezioni di un grande maestro come Aldous Huxley, vero e proprio precursore della letteratura dispostica, che, con il suo “Il Mondo Nuovo”, sarà una sicura fonte di ispirazione per il celebre romanzo “1984”. La lettura di quest’ultimo, insieme all’altro capolavoro che è “La fattoria degli animali”, dovrebbe essere un imperativo categorico per tutti coloro che si approcciano ad un determinato stile di vita. Certamente, l’ onere più incombente è rappresentato dalla attualizzazione dei pensieri e degli insegnamenti di questo grande autore anglo-indiano, in modo da farne una cartina da tornasole per il mondo moderno. Un mondo che, invero, sembra essere quasi una fusione fra quello che emerge dalle due opere sopracitate: mercificazione, inadeguatezza, massificazione ed incompentenza sono solo alcune delle caratteristiche di questa informe tempesta epocale. Sentirsi “come un cammello in una grondaia” è la sensazione comune cha attaglia i pochi spiriti liberi di questo sfortunato ciclo. Ergersi, tuttavia, a censori non sarebbe la soluzione giusta, nè tantomeno quella che potremmo trarre dalla sua sconfinata opera di lucido anticonformista. La soluzione consiste probabilmente nel non aver paura di imbattersi nella quotidianità e, se necessario, sporcarsi le mani per affermare la propria specificità, la propria diversità ed il proprio disgusto nei confronti di questo “grigio diluvio democratico odierno che molte belle cose e rare sommerge miseramente”, per dirla con le parole del protagonista de “Il Piacere” di D’Annunzio. Diversamente altro non rimarrà che un consapevole declino, una amara affermazione di quel che era già stato previsto, e non ci resterà che confermare il vecchio Orwell e quella sua splendida ed immaginifica affermazione con cui conclude “La fattoria degli animali”. Per cui : “Gli animali da fuori guardavano il maiale e poi l’uomo, poi l’uomo e ancora il maiale: ma era ormai impossibile dire chi era l’uno e chi l’altro”.
Pampa.