Il 18 aprile 1970 era una giornata di primavera come tante, a Genova, se non fosse stato che, quel giorno, si teneva, nella rossissima Piazza Verdi, il comizio del segretario nazionale dell’ Msi, Giorgio Almirante, in vista delle elezioni regionali di giugno. L’evento era già stato pubblicizzato da una radio pirata, che da giorni prima del comizio si era inserita nella normale programmazione del telegiornale Rai. L’audio era arrivato a tutta l’area della Liguria e il messaggio che portava era forte e chiaro: “Scendete in piazza, impugnate i fucili e le mitragliatrici. Difendetevi dai fascisti! Almirante non deve parlare”. A firmare il messaggio è una sigla che si richiama alla Resistenza, quella dei Gruppi d’ azione partigiana (Gap). Un clima creato ad hoc per l’arrivo di Almirante, un clima che avrebbe dovuto intimorire e allontanare chiunque avesse voluto partecipare al comizio. Quel giorno, sembrava tutto tranquillo, tralasciando le numerose scritte apparse sui muri della città come “FASCISTI MORIRETE, ALMIRANTE, NON USCIRAI VIVO DA GENOVA”; il comizio iniziò e Almirante cominciò il suo discorso. All’improvviso, nella piazza, sopraggiungono i “Camalli” (i portuali), considerati da sempre il braccio armato del Pci genovese e, con loro, alcuni esponenti di Lotta Continua. Iniziano gli scontri: i missini mantengono la posizione, il segretario missino cerca di calmare i suoi “Non cadete nella provocazione! Non fate come loro: loro hanno la forza delle pietre, noi delle parole” nonostante i ‘compagni’ siano già arrivati dietro al palco. Parte un fitto lancio di oggetti, viene lanciato di tutto, dalle pietre alle bottiglie di vetro e proprio una di queste bottiglie, piena di sabbia, che colpisce un ragazzo alla nuca. Questo ragazzo è Ugo Venturini, 32 anni, operaio e padre di un bambino. Lo hanno aggredito alle spalle, come solo gli infami e i codardi sanno fare. Ugo cade a terra, ma riesce ad alzarsi, si porta le mani alla testa e nota subito il sangue. Viene trasportato d’urgenza in ospedale. Ugo è lucido ma deve essere operato. L’operazione riesce, ma la ferita è troppo infettata per la presenza del terriccio all’interno della bottiglia. Per undici giorni Ugo continua a lottare dal letto dell’ospedale. Ma tra la notte del 30 aprile e il 1 maggio, giorno della festa dei lavoratori, il giovane missino non ce la fa. L’infezione si è radicata troppo fino ad ucciderlo. Ugo Venturini è stato il primo morto degli anni di piombo. La mano che ha lanciato la bottiglia quel maledetto giorno di primavera, non è stata mai trovata. Strano modo di morire a 32 anni, così all’improvviso, per mano ignota, per difendere un diritto sacro, quello di stare in piazza, quello di difendere la propria postazione… quello di difendere la propria Idea.
Ruggiero.