Nel periodo successivo alla caduta dell’Impero Romano, la Campania fu governata da un console collocato a Capua e facente le veci dell’imperatore bizantino (allora Teoderico il Grande); sotto questo regno visse un periodo di pace nonostante fosse esasperata dalla rovinosa politica fiscale adoperata .
Durante le Guerre Gotiche (535 – 553) che imperversarono in tutta l’Italia devastando intere città, Napoli fu saccheggiata nel 536 da Belisario con l’intento di punire i napoletani, blanditi dalle parole degli oratori Pastore e Asclepiodoto, per l’appoggio offerto ai Goti; dominio confermato nel 542 con la sconfitta dell’imperatore goto Totila.
Ducato bizantino
Durante il periodo bizantino, Napoli attuò una politica filo – musulmana, in un’ottica più ampia del semplice ducato, data la presenza della dinastia araba insediatasi a Palermo nel 831; non mancarono di certo le guerre, soprattutto contro i popoli vicini (principalmente i longobardi di Benevento, Capua e Salerno), fino al 1137 che comportarono la caduta del ducato bizantino di Sergio VII di Napoli da parte del normanno Ruggero II di Sicilia, dando così vita al Regno di Sicilia.
Periodo normanno
Ruggero giunse a Napoli nel 1140 e fu accolto con tutti gli onori, confermando alla nobiltà i propri privilegi; questo momento di pace durò fino all’avvento di Guglielmo I nel 1154 a causa di alcune rivolte tra la classe nobiliare e quella militare; rivolte che si conclusero con rivolte popolari contro l’imperatore. Seguì un periodo di tranquillità con Gugliemo II, fino all’invasione degli svevi di Enrico IV.
Periodo svevo
Durante l’invasione sveva Napoli resistette ad un lungo assedio durato tre mesi ma alla fine capitolò nel 1194 facendo atto formale di obbedienza al nuovo imperatore.
Il totale assoggettamento all’imperatore si ebbe con l’effettivo possesso della carica imperiale , nel 1208, da parte di Federico II Hohenstaufen. Federico pose fine al periodo di semi – anarchia che si era creato con la caduta dell’impero normanno grazie alla promulgazione della Costituzione di Melfi, la quale regolava l’ordine nei rapporti di vassallaggio nei confronti della nobiltà.
Sotto il regno di Federico II Napoli conobbe il suo massimo splendore in ambito culturale (soprattutto in ambito letterario e giuridico) anche se non ottenne un gran favore presso il popolo a causa di una politica fiscale fortemente accentrata sul re, avendo abolito le autonomie comunali e la classe sociale dei notabili. Con la morte dell’imperatore, accolta con un’insurrezione popolare, Napoli si pose sotto la protezione del papa Innocenzo V fino al 1253, quando dovette arrendersi all’assedio da parte di Corrado IV; con la battaglia di Benevento del 1266 si ebbe la sconfitta degli svevi dando così inizio all’epoca angioina sotto il re Carlo D’Angiò.
Gli Angioini
«savio, di sano consiglio, e prode in armi, e aspro e molto temuto e ridottato (rispettato, ndr) da tutti i re del mondo, magnanimo e d’alti intendimenti», con queste parole Giovanni Villani nella sua Nova Cronica descrive il nuovo re il cui lustro aumentò ancor di più con la vittoria contro il giovane Corradino di Svevia (ultimo erede di Federico II) a Tagliacozzo nel 1268; durante il periodo angioino, Napoli ebbe enorme importanza dal momento che fu scelta come capitale dell’impero, a discapito di Palermo. In questi anni videro la luce capolavori architettonici come il Maschio Angioino (che sarebbe stata anche sede papale, dato l’ottimo rapporto dei francesi con la Chiesa) e Castel Sant’Elmo. Sicuramente il re angioino più importante fu Roberto, conosciuto anche come Il Saggio e descritto da Boccaccio come «il re più sapiente del mondo dopo Salomone»; nonostante la situazione prospera, il regno non seppe resistere alla cupidigia generata dalle questioni dinastiche della casata francese che videro la regina Giovanna D’Angiò, appoggiata alla nobiltà partenopea, uccidere il marito Andrea d’Ungheria.
Gli Aragonesi
Tale evento non restò impunito: Luigi d’Ungheria, fratello di Andrea, costrinse Giovanna a scappare in Provenza favorendo l’ascesa della dinastia Catalano – aragonese; il primo re appartenente a tale dinastia fu Alfonso il Magnanimo che, nonostante non seppe ingraziarsi il popolo napoletano, conferì a Napoli un’attenzione del tutto differente rispetto alle altre città del suo ampio territorio, attraverso opere di ampliamento della città e di mecenatismo che videro alla corte aragonese personaggi del calibro di Lorenzo Valla (in questi anni compose la celebre opera “La falsa donazione di Costantino/De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio”), il Panormita o, il futuro papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini.
La casata aragonese ebbe ufficialmente fine, dopo la parentesi francese di Carlo VIII, con l’annessione del Regno di Napoli al Regno d’Aragona di Ferdinando il Cattolico nel 1503.
Nel prossimo articolo parleremo dell’età contemporanea: dalle famose Guerre d’Italia, che videro per la prima volta la creazione di una lega militare propriamente italiana, alla colorita rivolta di Masaniello,del Viceregno austriaco e della rivolta illuminista del 1799 che vide impegnata ed unita, per la prima volta, tutta l’intelligencija napoletana.
Peppe