Il 19 dicembre del 1941 al mondo intero fu dato modo di conoscere il vero significato del termine Coraggio: attraverso un’azione che è passata alla storia con il nome di “Impresa D’Alessandria”, portata a compimento dalla Decima Flottiglia Mas, unità speciale della Regia Marina italiana, nata durante la Seconda guerra mondiale.
Le origini del nome sono da ricercare nel periodo della Grande Guerra, quando il cantiere Veneziano fornì alla Regia Marina i suoi primi mezzi speciali denominati appunto MAS, acronimo di Motobarca Armata Silurante. In seguito saranno date anche altre definizioni, celebre rimane quella in latino di d’Annunzio: Memento Audere Semper, ricordati di osare sempre. L’obiettivo principale era quello di possedere piccole imbarcazioni armate capaci di grandi velocità, il cui compito consisteva nell’attaccare le forze navali nemiche sfruttando l’effetto sorpresa.
Il progetto ideale si dimostrò efficace, in quanto esse riportarono nella Grande Guerra diversi successi; tra cui l’affondamento a largo di Trieste della corazzata della marina imperiale Austriaca Wien e l’affondamento della corazzata Santo Stefano a largo di Premuda, entrambe le incursioni furono guidate dal comandante Luigi Rizzo.
Sul finire della Prima Guerra Mondiale, grazie all’ormai affermata fama della potenza navale italiana e ai pacifici rapporti con le principali forze nel Mediterraneo, non fu riservata molta considerazione ai motoscafi d’assalto. Vennero riconsiderati durante la guerra d’Etiopia, che inevitabilmente portò scompensi negli equilibri del Mediterraneo.
In quel periodo la Royal Navy britannica consolidò notevolmente la propria presenza nel Mediterraneo e per contrastarla fu costituita la “prima flottiglia MAS” capitanata da Paolo Aloisi. I due ufficiali, Teseo Tesei ed Elios Toschi nello stesso periodo progettarono un nuovo mezzo d’incursione subacquea denominato “maiale”, nome in gergo dato a un siluro a lenta corsa (SLC). Il suddetto siluro era costituito da un ordigno esplosivo capace di navigare anche sott’acqua, su cui sostavano a cavalcioni due incursori. Un nuovo impulso al perfezionamento di questo genere di mezzi d’assalto si ebbe nel 1935, all’epoca della conquista italiana dell’Etiopa. Nello stesso anno, il 10 settembre, mentre la flotta inglese lasciava Gibilterra, il capitano di fregata Gaetano Catalano Gonzaga di Cirella, comandante del I gruppo sommergibili di La Spezia, dava il via a un “programma speciale di addestramento”: gli incursori si allenavano a tagliare con speciali cesoie le reti parasiluri e para sommergibili poste sott’acqua a difesa dei porti. Gli incursori prendevano confidenza con i primi “maiali”, imparavano a pilotarli e a seguire una determinata rotta anche al buio con l’aiuto di una bussola. Le esercitazioni avvennero nel mare di Porto Santo Stefano, a La Spezia e a Bocca di Serchio, nella tenuta dei duchi Salviati.
Nel febbraio 1940 Aloisi fu sostituito dal capitano di fregata Mario Giorgini.
Con l’entrata in guerra dell’Italia nel Secondo Conflitto Mondiale, la prima missione contro la base inglese di Alessandria d’Egitto fu tentata il 22 agosto 1940, agli ordini di Giorgini. Ma il sommergibile Iride, munito dei “cilindri di coperta” in cui erano contenuti i “maiali”, fu attaccato e colpito insieme all’incrociatore Monte Gargano al largo della costa egiziana da aerosiluranti decollati dalla portaerei Eagle. Uomini e mezzi d’assalto furono tratti in salvo da una silurante. Una seconda missione fu tentata con il sommergibile Gondar, ma anche questa unità, il 30 settembre, venne individuata dagli aerei inglesi e in seguito da un cacciatorpediniere. Colpito, il Gondar affondò, ma gli uomini – eccetto uno – furono recuperati dal caccia australiano Stuart. Con loro, il comandante Giorni fu riconosciuto e interrogato a lungo sull’attività del gruppo degli incursori di La Spezia. Nel frattempo, gli inglesi dovevano aver avuto notizie attraverso la rete di spie operanti tra Toscana e Liguria.
A sostituire Giorgini fu chiamato il capitano di fregata Vittorio Moccagatta e gli incursori del gruppo “mezzi speciali” furono divisi in 2 reparti: siluri a lenta corsa e motoscafi da turismo modificati. Frenati per il momento ad Alessandria, gli incursori misero a segno una serie di colpi: l’affondamento della cisterna militare Derbydale, la cisterna Fiona Shell e il danneggiamento della motonave armata Durham.
L’incursione coronata da maggior successo fu quella indotta contro il munitissimo porto di Alessandria d’Egitto, considerato impenetrabile. Il 3 dicembre dalla base di La Spezia gli ormeggi del sommergibile italiano Scirè vennero sciolti. Dopo un trasferimento aereo, il gruppo di palombari dei mezzi d’assalto aspettava il suo comandante sull’isola egea di Lero: da diversi mesi si erano preparati all’interno della loro base a Marina di Vecchiano, dove potevano sfruttare le acque del Serchio che qui si getta nel mare. A causa di una violenta mareggiata, Borghese accumulò però un ritardo di un giorno sulla data prevista per l’attacco (il 17 dicembre). Giunse quindi nella rada di Alessandria il 18 alle 20:45, e viste le condizioni ottimali del mare i tre SLC si staccarono dallo Scirè e attesero il momento giusto per entrare nel porto, qui si divisero. Il primo siluro era comandato da Luigi Durand de la Penne ed Emilio Bianchi, il secondo da Vincenzo Martellotta e Mario Marino e il terzo da Antonio Marceglia e Spartaco Schergat. Ognuno dei tre mezzi aveva una nave bersaglio: la missione prevedeva l’affondamento mediante mine magnetiche sulla chiglia. Il 221 di Durand de la Penne dopo essere passato indenne alle bombe di profondità di una motovedetta fu subito alle prese con la rete d’acciaio che proteggeva il porto. L’uscita di tre cacciatorpediniere inglesi aprì loro la strada verso le banchine. I sommozzatori si immersero e sfruttando la scia di una nave riuscirono a passare. Davanti a loro si ergeva la corazzata Valiant di 27.500 tonnellate: il loro obiettivo. I due procedettero nella totale oscurità, si erano addestrati per mesi nelle manovre e sapevano compierle a occhi chiusi, ma all’improvviso il motore del maiale si fermò e il siluro cominciò a sprofondare nella baia. Bianchi nel tentativo di reggerlo esaurì le energie e fu costretto a emergere aggrappandosi a una boa della Valiant. Durand de la Penne, con le ultime forze, riuscì però a innescare la mina magnetica sotto lo scafo della corazzata prima di riemergere: erano le ore 3.06.
Le vedette inglesi li arrestarono e li portarono sulla Valiant dove seguì un duro interrogatorio che non portò a risultati: i marinai diedero solo le loro generalità. Intanto il tempo scorreva sui cronografi Radiomir Panerai degli incursori di marina. All’approssimarsi dello scoppio, Durand de la Penne avvertì, con grande lealtà il comandante della Valiant di mettere in salvo l’equipaggio evitando così un inutile spargimento di sangue (un gesto davvero generoso, in guerra, apprezzato anche dagli stessi inglesi). Scoccarono le 6.06 quando il boato della bomba investì la corazzata: i due italiani erano ancora agli arresti nel ventre della nave, ma sopravvissero.
I marinari della Queen Elizabeth, l’altra grande corazzata ormeggiata con le sue 33.550 tonnellate, guardarono increduli le sorti della Valiant, ma di lì a poco toccò anche a loro.
Marceglia e Schergat, infatti, compirono un’ “azione da manuale” minando la corazzata, auto-affondando il maiale e quindi allontanandosi da Alessandria. I due furono catturati il giorno successivo mentre cercavano di cambiare la valuta data loro dal SMI (Servizi Militari Italiani) che non avevano più alcun valore in Egitto, a riprova del fallace piano di fuga fornito loro dai servizi.
Anche Martellotta e Marino, sul 222, nonostante il malore del primo riuscirono a minare la loro nave bersaglio, la nave-cisterna Sagona, la quale nell’esplosione danneggiò anche il cacciatorpediniere Jervis uno dei più decorati della flotta inglese.
Al termine dell’azione d’Alessandria si contarono complessivamente 61.050 tonnellate affondate, 9.940 danneggiate e soli otto morti tra gli inglesi, a fronte dei sei italiani catturati. L’ammiraglio Virgilio Spigai nel suo libro Cento uomini contro due flotte racconta che:
«Nel corso di tutta la Seconda Guerra Mondiale i mezzi d’assalto della Marina Italiana hanno subito perdite percentuali elevatissime, hanno inflitto duri colpi al nemico in momenti particolarmente critici della situazione navale nel Mediterraneo, ma non hanno ucciso praticamente nessuno…
…il mezzo d’assalto è stato l’unico mezzo di guerra che mirò unicamente alla distruzione del materiale del nemico…».
Fu un colpo duro per la flotta britannica, il fondale del porto d’Alessandria era basso e le navi si adagiarono senza essere sommerse dall’acqua. Gli inglesi ne approfittarono per minimizzare la portata del colpo che avevano subito, le navi erano fuori combattimento ma loro evitarono di diffondere la notizia e continuarono a far svolgere la regolare vita a bordo per ingannare gli aeri ricognitori Italiani. Churchill commentò così l’accaduto: «Sei italiani equipaggiati con materiale di costo irrisorio hanno fatto vacillare l’equilibrio militare nel Mediterraneo a vantaggio dell’Asse». Dopo la guerra gli alleati stabilirono che la Marina Militare Italiana non potesse più possedere reparti Incursori. Terminata dunque il loro utilizzo da parte delle Nazioni Unite nella guerra contro l’Asse, secondo le clausole dell’Armistizio Lungo, il reparto fu sciolto.
Nel 1952 il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio Corso Pecori Giraldi, incaricò l’ex comandante di Mariassalto, tenente di Vascello Aldo Massarini, di cominciare a studiare la possibile ricostituzione di un reparto di incursori subacquei. Con il Foglio d’Ordine nº 44 del 30 maggio 1952 nacque quindi a La Spezia il Gruppo Arditi Incursori della Marina Militare (“GRUPPARDIN”).
Negli anni successivi i vari reparti di subacquei e arditi incursori subirono una progressiva fusione, che portò nel 1961 alla costituzione del Raggruppamento Subacquei e Incursori “Teseo Tesei”, conosciuto anche con il nome di Comsubin (Comando subacquei e incursori).
Oggi, a tanti anni di distanza, vogliamo ancora ricordare con orgoglio quell’eroico gesto, a riprova del coraggio e dell’Onore dimostrato dalla nostra Marina, ma anche per sottolineare che, nonostante quanto sostenuto da molti, il nostro esercito aveva comunque un equipaggiamento d’avanguardia rispetto a quello delle altre potenze coinvolte nel conflitto.
Noi del Blocco Studentesco lo ricordiamo, e lo ricordano di certo gli inglesi. Ciò che fa rabbia è che imprese come queste non siano ricordate anche dalle nostre istituzioni, dal momento che simili gesta, in Nazioni che conservano Orgoglio e Sovranità, sarebbero glorificate ogni giorno.
Agiade