Con Solstizio d’Inverno viene indicato il momento in cui il Sole, durante il suo moto apparente, raggiunge il punto più distante dall’equatore celeste, nonché il più prossimo all’orizzonte. In termini di tempo questo fenomeno si traduce nell’accorciamento definitivo delle ore di luce del giorno nel nostro emisfero, rendendo la data in cui avviene (21 dicembre negli anni solari, il 22 durante quelli bisestili) anche la giornata più corta dell’anno.
Nonostante ciò, il significato che le popolazioni antiche avvezze a studiare il movimento degli astri attribuivano all’evento non era l’inizio della stagione fredda, con i suoi effetti devastanti e il suo clima rigido, bensì veniva inteso come rigenerazione della natura, che indebolita – ma non annientata – dal gelo, avrebbe ripreso a partire da questo periodo il suo lento corso. È proprio a partire dal Solstizio invernale infatti che la stella madre tornaprogressivamente a risplendere per più tempo nel cielo, fino al raggiungimento dello zenit durante quello estivo.Tale principio rigenerativo poteva essere ricollegatoall’anniversario della nascita di una divinità rappresentante il Sole stesso, come nel caso di egizi, aztechi, maya e, come vedremo più avanti, per i persiani; nel caso dei popoli europei, le celebrazioni si riferivano non alla venuta al mondo di un essere divino, ma alla sua resurrezione in una nuova forma, una vita rinata.
Nell’Alban Arthan celtico come nello Yule germanico il rinnovamento del ciclo solare, ad esempio, veniva festeggiato adornando gli spazi con piante sempreverdi, quali tronchi di abeti, rami di vischio e di agrifoglio, simboli di persistenza alle intemperie e di rifioritura. Nel Korochun slavo si celebrava, attraverso canti e danze dette Kolyadki, la morte del dio del sole autunnale Hors per mano di Chernobog (il “dio nero”) che sarebbe poi risorto nella nuova forma di Koliada, dio del sole invernale. Per i greci il Solstizio d’Inverno segnalaval’apertura di un passaggio all’Olimpo, grazie al quale si diceva che anche divinità infernali o dimoranti sulla Terra potessero accedervi per banchettare al fianco di quelle olimpie; nel Solstizio d’Estate ciò avveniva per il mondo degli uomini, ponendo quindi un collegamento tra un mondo finito in continuo cambiamento ed uno immutabile, privo di spazio e di tempo, che insiemecostituiscono l’equilibrio dell’universo. Nella religione romana i due giorni erano dedicati inizialmente all’antichissima figura di Giano Bifronte, protettore delle porte, dell’inizio e della fine, a cui Numa Pompilio, secondo re di Roma, dedicò anche il primo mese dell’anno, Ianuarius (Gennaio).
Successivamente al culto del dio a due facce se ne aggiunse un altro, quello di Saturno (corrispondente al greco Kronos, e per questo celebrato con Graeco ritu) rappresentante lo scorrere degli eventi, il prima e il dopo, ed era anch’esso, come il dio a due facce, associato alla fertilità. Le due divinità si completavano a vicenda in quanto a virtù e facoltà, e a lungo regnarono insieme nel Lazio, donando la civiltà ai suoi primi abitanti. Il loro mitico regno segnò un lungo periodo di pace e prosperità per gli uomini, indicato come Età dell’Oro, privo di conflitti o distinzioni sociali, poiché i beni erano ripartiti equamente tra tutti e ottenibili senza lavorare la terra, dalla quale crescevano spontaneamente. In ricordo di quest’epoca, i Romani instituirono i Saturnalia, che secondo la tradizione furono importati dai compagni di Ercole rimasti in Italia; furono ufficializzati nel 217 a.C., e inizialmente comprendevano solo il giorno 17 del mese di dicembre, si allungaronosotto il principato di Domiziano fino al 23.
Tali giorni, che Catullo definì <<optimum dierum>> mentreOrazio <<libertas Decembri>>, si festeggiavano tra banchetti pubblici e privati, offerte agli dei, giochi di gruppo ed azzardo, balli e fiere: tutto questo in un clima di divieto di svolgere lavori, vestirsi con abiti ufficiosi,avere lutti e soprattutto, completamente a spese dello Stato. Era di uso comune anche lo scambio di regali augurali (detti strenne, in riferimento ai rami del bosco sacro della dea Strenia) tra commensali, mentre nel giorno 19, detto Sigillaria, venivano donati giocattoli, candele o figurine di cera. In questo clima pacifico e festoso, nelle strade tutti si salutavano scandendo le parole “Io, Saturnalia!” come augurio. Una particolare usanza inoltre imponeva a tutti gli abitanti dell’Urbe di invertire i propri “ruoli” per tutta la durata delle celebrazioni: gli schiavi diventavano ufficialmenteuomini liberi e venivano serviti dai padroni, i senatori e i nobili di rango equestre venivano sbeffeggiati liberamente dalla plebe mentre indossavano buffi costumi, uno di loro veniva eletto <<saturnalicius princeps>> , che vestito come un vero e proprio imperatore (abiti purpurei e faccia colorata di rosso, segno della sua divinizzazione), organizzava i preparativi delle feste e qualsiasi suo comando, anche il più assurdo, andava eseguito. Attraverso questo sconvolgimento dell’ordine costituito i Romani inauguravano un tempo nuovo separandosi dal precedente.
L’epoca aurea terminò quando, sconfitto nella Titanomachia, Saturno venne esiliato nuovamente da Giove nelle profondità della terra (nella versione greca del mito viene rinchiuso nel Tartaro assieme agli altri titani). Virgilio, nella quarta ecloga delle Bucoliche, annuncia che questa epoca si sarebbe potuta ripresentaresolo con il ritorno del figlio di Urano, reincarnatosi nel corpo di un bambino. Quindi nel Medioevo la figura del dio del tempo si trasformò in quella del Dio cristiano, ed il puer venne identificato in Gesù Cristo. E’ curioso notare anche come la divinità rappresentante lo scorrere del tempo e l’avvenire, avesse poi dato alla luce Vesta, protettrice del focolare e delle tradizioni, simbolo quindi del tempo eterno.
Tra il III e il IV secolo, due religioni cominciarono a diffondersi radicalmente nell’Impero Romano: Mitraismo e Cristianesimo. La prima, riferita alla divinità iranica Mitra, venendo a contatto con il mondo romano-ellenico assunse i caratteri di un culto misterico e monoteista che sviluppò numerose varianti quante erano le regioni in cui divenne popolare; il credo infatti, pur prendendo il nome dal dio persiano, in realtà comprendeva la venerazione di moltissime altre divinità solari (Apollo, Helios, El-Gabal, Sol, Belenos), unificate nella figura del Sol Invictus. La celebrazione introdotta da Aureliano nel 274, il Dies Natalis Solis Invicti,celebrava proprio la nascita di questo nuovo nume, sostituendola ai Saturnalia. In realtà nel Zoroastrismo persiano il Solstizio d’Inverno, essendo anche la giornata con la notte più lunga dell’anno, era segno di cattivi presagi e dell’apparizione di demoni, pertanto dava un’occasione alle famiglie di riunirsi per proteggersi a vicenda, mentre la festa celebrante la nascita di Mitra si teneva durante l’Equinozio di Autunno. Con l’avvento del Cristianesimo anche in Oriente, la data slittò fino a coincidere con quella del calendario romano, è quindi più probabile che sia stata la fede di Cristo a influenzare il Mitraismo, e non viceversa.
Come testimoniano anche le esperienze religiose di Costantino, Mitraismo e Cristianesimo avevano numerose somiglianze, delle quali però non ci soffermeremo a parlarne. Sta di fatto che quest’ultima dottrina, forte della tenace persistenza dei suoi martiri e dei suoi fedeli, alla fine si sostituì definitivamente alle altre, cambiando così anche il significato della celebrazione invernale così come la conosciamo oggi: il festeggiamento in onore della Natività di Gesù, posta il 25 dicembre. Sebbene risulti evidente che porre festa liturgica in questa data fu per lo più una scelta di comodo per la Chiesa d’Occidente, al fine di integrare le tradizioni precedenti, alla luce dei recenti studi non risulta nemmeno tanto inverosimile credere che Cristo nacque proprio a dicembre dell’anno 0, cioè nel nono mese dall’Annunciazione. Come scrive Vittorio Messori, famoso scrittore e giornalista, in un articolo del Corriere della Sera: “Ecco, dunque, che ciò che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza. Una catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l’annuncio a Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi dopo, l’annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni; sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest’ultimo evento arriviamo giusto al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso.”
La concezione cristiana del tempo lineare, contraria a quella pagana del tempo ciclico, ci fa però comprendere come sia stato possibile che una fede nata in una terra abitata da popoli non indo-arii o indo-europei, abbia potuto assorbire ed integrare così velocemente le altre tradizioni e usanze, senza né intaccare il proprio significato originario, né quello delle fedi precedenti: Cristo muore e rinasce ogni anno senza che la sua venuta al mondo sia uguale alle precedenti, come nello spirito politeista della celebrazione del Solstizio d’Inverno; ciò che viene dopo non è uguale a ciò che lo precede, e tuttavia, come diceva Tolkien: “Le radici profonde non gelano”, nemmeno col freddo gelido dell’Inverno.
Saturno