Nico Azzi: dalle S.A.M. al giovedì nero di Milano

Nico Giuseppe Azzi nasce in provincia di Mantova il 31 luglio 1951. Fin da giovane si avvicina al Fascismo, studiandolo ed unendosi, dapprima, alle Squadre d’Azione Mussolini (S.A.M.), e, poi, alla redazione della rivista La Fenice di istanze ordinoviste. Stringe amicizia con quelli che venivano definiti “sanbabilini”, ovvero tutta quella gioventù di “destra” che era solita incontrarsi sotto i portici di piazza San Babila a Milano. Tuttavia Azzi si distingue dagli altri subito per il coraggio e l’intraprendenza: il 7 aprile del 1973 insieme ad altri camerati della piazza organizza un attentato sul direttissimo Torino-Genova-Roma. Il piano era semplice e comprendeva il far notare nella tasca una copia di Lotta Continua, per depistare future indagini e piazzare una bomba sul treno. Qualcosa andò però storto proprio nel momento culmine dell’operazione e l’ordigno esplose improvvisamente ferendo Azzi, il quale verrà successivamente arrestato.

Questo episodio diede il pretesto per vietare la manifestazione, organizzata dal M.S.I., che avrebbe dovuto avere luogo cinque giorni dopo a Milano, contro la violenza comunista. Ma il divieto arrivò il giorno stesso, solo poche ore prima dell’inizio del corteo che, sfilando da Piazza Cavour a Piazza Tricolore, avrebbe dovuto veder salire sul palco Ciccio Franco. Ovviamente la folla che si era riunita da tutta Italia – e non solo missina (difatti vi erano elementi di Avanguardia Nazionale, Fronte di Popolo, e Ordine Nuovo che comprendeva gli stessi sanbabilini) -, non si lasciò intimidire e proseguì con la mobilitazione. Il clima si fece sempre più teso e venne schierato un reparto della celere per porre freno al concentramento dei militanti sulla piazza, ma ciò aumentò la tensione fino a culminare in degli scontri: ci fu il lancio di due granate da addestramento SRCM da parte dei sanbabilini che si trovarono costretti a difendersi contro le forze dell’ordine. Il primo ordigno provocò due feriti, il secondo, per una sciagurata fatalità, uccise il poliziotto Antonio Marino. Fu proprio Azzi a fornire le bombe ai militanti, e per questo venne arrestato nuovamente e condannato a quindici anni di carcere per l’attentato al treno e per aver fornito gli esplosivi.

Dopo la dura detenzione, restò connesso agli ambienti militanti e si sposò dando alla luce la figlia Matilda. La sua vita procedeva nella normalità finché non fu arrestato per le false accuse nei suoi confronti riguardanti la strage di piazza Fontana. Durante i vari interrogatori che si susseguirono si oppose nel dare qualsiasi nome e fornire qualsiasi informazione, in quanto affermò di non riconoscersi in quello Stato. Ci ha lasciati il 10 gennaio 2007 a causa di un infarto, all’età di 55 anni.

Il suo funerale non riuscì ad avere il rispettoso e doveroso silenzio, a causa dell’urlante isterismo provocatorio e irrispettoso dell’A.N.P.I. e di antifascisti vari che addirittura montarono un caso e urlarono allo scandalo contro il parroco che aveva concesso la chiesa per la cerimonia sacra che spetta a tutti gli uomini.

Morto undici anni fa, Nico Azzi, di sicuro merita un posto nella memoria collettiva e, in special modo, nella nostra per essere stato un combattente duro, schierato con anima e corpo per l’Idea Assoluta, senza mai porsi limiti contro ostacoli o nemici, e nella convinzione di essere e muoversi nel giusto in un mondo sbagliato. Il suo amico Cesare Ferri, lo ricorda dicendo che la per lui è morto «ma solo fisicamente, appunto, perché il suo ricordo di camerata coraggioso, altruista e un po’ guascone mi – e ci – accompagna sempre e quando uno è ricordato è come se non fosse mai morto».

Olmo

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Pubblicato da BloccoStudentescoNapoli

Il Blocco Studentesco è l'associazione studentesca di CasaPound Italia

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