In queste ore la Vans Off The Wall, storico brand californiano di abbigliamento, ha lanciato una collezione dedicata a David Bowie, la leggendaria icona del rock mondiale. Dopo omaggi e collaborazioni come quella con Karl Lagerfeld, stilista e fotografo tedesco recentemente scomparso, l’azienda, principale produttrice di sneakers da skateboard, ha deciso di intitolare all’artista britannico una linea in edizione limitata che prevede quattro modelli ispirati ad altrettanti suoi album.
Sono passati oramai tre anni da quando David Bowie, è venuto a mancare a causa di una malattia covata per anni nella riservatezza della propria casa. Una riservatezza sicuramente antitetica rispetto alla figura che il glam rocker ha meticolosamente costruito e curato per i quasi cinque decenni di attività che lo hanno visto girare il mondo mettendo in scena i suoi spettacoli sui palcoscenici più disparati. Ad aver goduto della sua arte c’è stata più volte anche l’Italia la cui prima grande apparizione avvenne a Firenze il 9 Giugno 1987 per l’inizio del Glass Spider Tour. Nel seguito molte sarebbero state le visite di Bowie in Italia, sia lavorative che personali, tra cui menzioniamo in particolare quel concerto – purtroppo l’unico – fatto proprio a Napoli nell’estate del 1997, per il Tuborg Neapolis Rock Festival, che lo vide salire sul palco allestito a Bagnoli, nell’area limitrofa all’ex Italsider.
Vogliamo dunque ricordare Bowie e ringraziarlo per quell’unica performance concessa alla nostra città ripercorrendo le tappe fondamentali di una Rockstar che, con il suo essere politicamente scorretta, ha segnato un’epoca e il mondo della musica.
L’8 Gennaio 1947 nasceva a Brixton, periferia londinese, David Robert Jones; figlio di un impiegato statale reduce di guerra e di una cassiera part-time. Sarà poi da tutti conosciuto come David Bowie e finirà con il cambiare radicalmente il panorama artistico contemporaneo attraverso la sua personalità poliedrica e metamorfica.
Prima di divenire quello che noi tutti avremmo imparato a conoscere e ad amare, moltissime furono le influenze, le persone e le esperienze che segnarono il giovane David e che lo traghettarono al mondo della musica, ma colui che ne influenzò fortemente non solo la carriera artistica ma anche l’intera esistenza fu senza dubbio Terry, fratellastro maggiore nato da una precedente relazione della madre.
Terry fece infatti conoscere al giovane David il mondo della musica e della letteratura, iniziandolo al jazz e ai suoi maggiori esponenti dell’epoca e facendolo avvicinare alla letteratura Beat che, proprio in quel periodo, con Allen Ginsberg e Jack Kerouac andava muovendo i primi passi. Terry, tuttavia, si ammalerà molto presto di schizofrenia e questo lo porterà a lunghi e forzati ricoveri, fino a quando, nel 1985, morirà suicida gettandosi sotto un treno. Proprio a lui, Bowie, dedicherà diversi lavori tra i quali Jump They Say.La malattia del fratellastro accompagnerà tutta l’esistenza dell’artista che, dal momento che aveva già colpito diversi membri del ramo materno della famiglia, vivrà sempre con un costante terrore di contrarla perdendo il senno.
Il primo approccio vero e proprio con il mondo della musica arriva pochi giorni prima del tredicesimo compleanno del piccolo David, quando la madre, per Natale, gli regala un sax. È praticamente un giocattolo, eppure basta a far nascere nel piccolo un istantaneo amore per la musica, tanto che, già pochi giorni dopo decide di iniziare a prendere lezioni da Ronnie Ross, un suo vicino che finirà con il collaborare con vari artisti di fama internazionale: tra i quali i Beatles, i Simply Red e Lou Reed. Proprio per quest’ultimo si esibirà come sassofono baritono in Goodnight Ladies e Walk On The Wild Side, canzone che verrà coprodotta proprio da David Bowie.
Nel 1962, David è a scuola e, probabilmente a causa di una ragazza di nome Carol, scoppia un litigio che sfocia in rissa con l’amico George Underwood. Questi sferra a David un pugno che gli comporterà un danno permanente alla pupilla sinistra che, in seguito a vari interventi chirurgici per salvargli la vista, risulterà scura e costantemente dilatata. George si rammarica immediatamente dell’accaduto e va a chiedere scusa all’amico che, sorprendentemente, non solo gli dice di non preoccuparsi, ma che lo ringrazia di cuore per avergli donato quel tratto distintivo così affascinante.
Ebbene sì, perché già in quegli anni nasce in David la voglia di distinguersi e l’ambizione a diventare una pop star. Sono questi gli anni in cui, mentre studia come grafico pubblicitario, inizia a mettere in piedi le prime band che, come tutte le band adolescenziali, nascono e finiscono velocemente. Tra queste ricordiamo sicuramente i Kon-rads, un piccolo complesso messo in piedi proprio con l’amico Underwood, in cui David suona il sassofono, oppure quello messo su l’anno successivo, nel 1963, quando, diplomatosi in arte, fonda i Davy Jones and the king bees e registra finanche un 45 giri che rimarrà però praticamente invenduto.
È proprio in questo periodo che inizia ad acquisire popolarità una band, i Monkees, il cui frontman ha scelto come nome d’arte Davy Jones. Il giovane David è ambizioso e mira già alla fama. Pensando dunque che il pubblico possa confonderlo con il cantante dei Monkees decide di farsi chiamare David Bowie, andando a riprendere un popolare eroe della rivoluzione texana, James Bowie, del quale era venuto a conoscenza guardando un film in TV.
Il nome gli porta fortuna e, in quegli anni, scrive varie canzoni che gli fanno ottenere il primo contratto discografico con un’etichetta piuttosto importante e che andranno a costituire il nucleo primordiale di quelle che saranno le prime opere del David Bowie che conosciamo.
Questo è il periodo in cui frequenta Hermione Farthingale; una fidanzata con la quale impara a conoscere ed abbracciare le filosofie orientali – tra le quali il buddismo -, che lo porteranno a trascorrere un periodo di isolamento in Scozia, con l’unica compagnia di quattro lama tibetani. In merito rilascerà varie interviste nelle quali si evince come questo rapporto gli abbia fatto conoscere e amare queste filosofie: parla di transitorietà, di abbandono delle certezze e di ciò che è caro, di morte e rinascita. Insomma, esperienze e fasi che vivranno anche i suoi personaggi, nascendo e morendo ciclicamente.
Nel 1967 incontra il mimo ballerino Lindsey Kemp e si iscrive alla sua classe di danza, imparando da questi teatralità, mimica e linguaggio del corpo che saranno parte integrante dei personaggi vissuti da Bowie sul palco.
Iniziano ad uscire i primi singoli, delle raccolte, e i primi due album che riscuotono un successo relativo; ma, proprio in quel momento, il 2 Febbraio 1969, storico giorno in cui finisce la storia con Hermione, David registra Love You Till Tuesday che conterrà una delle canzoni che gli cambieranno radicalmente la vita: Space Oddity, decimo singolo dell’artista, di cui uscirà, con il titolo Ragazzo Solo, Ragazza Sola, un adattamento in italiano scritto da Mogol. Il brano è prodotto da Tony Visconti che sarà il produttore di molti altri lavori di Bowie, tra i quali anche dell’album The Man Who Sold The World, pubblicato l’anno seguente, e della cui omonima traccia farà una storica cover Kurt Cobain, eseguita nel MTVUnplugged del 1993. A proposito di questo brano Bowie, in un’intervista dei primi anni Duemila, dirà: «Quando suono The Man Who Sold the World ci sono sempre un sacco di ragazzini che mi dicono “È fantastico che tu faccia una canzone dei Nirvana”, e io penso “Fottetevi, piccoli segaioli!”».
Successivamente, nel 1972, viene pubblicato Hunky Dory, primo album di Bowie a guadagnare il disco di platino in Gran Bretagna; ma è solo in seguito, con The Rise And The Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars che Bowie mette in scena il primo di quelli che saranno gli iconici personaggi che caratterizzeranno la sua figura: arriva Ziggy Stardust, alter ego che sarà pioniere di quello che verrà poi definito Glam Rock. Sono questi anni in cui Bowie gioca un ruolo fondamentale nel panorama musicale, non solo per sé ma anche per altri artisti, infatti, andando a produrre Transformer per Lou Reed e Lust For Life per Iggy Pop dà loro la spinta che li riporterà alla ribalta dopo l’abbandono delle band di origine – i Velvet Underground e gli Stooges – e il conseguente periodo di stallo.
Il 3 Luglio 1973 all’Hammersmith Odeon di Londra, alla fine del tour con gli Spiders from Mars, mentre tra il pubblico vi sono anche lo stesso Lou Reed, Mick Jagger, Ringo Star, e il regista Penn Baker che sta filmando il concerto, Bowie, salendo per il bis, afferma che per Ziggy è l’ultimo concerto in assoluto e concludendo con Rock N’ Roll Suicide, finisce con l’”uccidere” sul palco il proprio personaggio, proprio quando tutti pensavano ad un lancio planetario del personaggio con un tour mondiale.
È proprio dall’abbandono di Ziggy, accuratamente pensato ed espressione dei suoi studi giovanili come grafico pubblicitario, che Bowie si consacra ad artista di fama internazionale iniziando ad assumere quella fama che lo accompagnerà fino ai giorni nostri.
In quel momento sta per partire per gli Stati Uniti, andando a cambiare stile, produttori, immagine e soprattutto vita. È qui che, in un clima febbrile e psichedelico, partorisce il nuovo lavoro Aladdin Sane, probabilmente gioco di parole (A Lad Insane) che richiama la situazione vissuta dal fratello oltre che l’ambiente che Bowie si ritrova a vivere quotidianamente.
Le pubblicazioni continuano e il personaggio di Aladdin è ancora messo in scena da Bowie che, sul palco, durante le esibizioni, incarna un’artista eclettico ed eccentrico. Ciò, almeno, fino al 1976, anno in cui si vede la nascita di Station To Station e, parallelamente, di quello che sarà forse la “maschera” più famosa di Bowie, diventata un vero e proprio pseudonimo dell’artista: il Duca Bianco, un tormentato gentiluomo che canta di una storia d’amore.
Questo è forse il periodo più discusso per David che, pochi mesi dopo, il 27 Aprile 1976 fa parlare di sé in tutto il mondo ma non limitatamente alla sua musica. Mentre sta attraversando la frontiera tra l’URSS e la Polonia viene fermato dalle autorità sovietiche che, durante il controllo, lo perquisiscono trovando nei suoi bagagli vari testi nazionalsocialisti tra cui alcuni libri di Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del Terzo Reich, e di Albert Speer, architetto di punta del Partito Nazionalsocialista. La polizia decide dunque di confiscare i testi perché ritenuti illegali ma Bowie, infervorato, si oppone strenuamente iniziando ad inveire contro gli agenti: «Comunisti di merda! Io sono un cittadino britannico, non un russo. Voi non mi potete sequestrare niente! Voglio l’intervento della mia ambasciata!». Dopo molte proteste riesce dunque ad ottenere l’intervento del consolato che però, preferendo non interferire e prendere iniziative compromettenti se ne lava le mani. Il gesto non piace affatto alla star che tuona contro il suo governo, reo a suo parere di non rispettare la sua terra, con le dichiarazioni che diverranno famose e faranno storcere il naso a quel pubblico radical chic che fino al giorno prima lo aveva idolatrato senza se e senza ma: «La Gran Bretagna sarebbe trattata meglio se avesse un leader fascista». Come se non bastasse al rientro in Inghilterra, quando arriva a Victoria Station, a Londra, sulla sua Mercedes, saluta i fan che lo attendevano con il braccio destro teso in un saluto romano al grido di «Heil Hitler!», finendo anche immortalato in una foto che farà – e fa tutt’oggi – discutere i soliti benpensanti.
Ovviamente tutti questi eventi suscitano l’attenzione e la preoccupazione della stampa che, sbigottita, gli chiede il perché di quella che considerava l’ennesima “provocazione”, la nuova “trovata pubblicitaria”, di quello che oramai era il Duca Bianco. Eppure lui non ritratta nulla, trascinandosi dietro le polemiche fino a quando, rincarando la dose, in un’intervista a Playboy, dichiara: «Hitler è stato la prima grande rockstar e il nazionalsocialismo una splendida iniezione di morale». Ma d’altronde lui è Bowie e può permettersi anche questo.
Prosegue nella sua carriera andando finanche ad apparire sul grande schermo in diverse opere, tra le quali ricordiamo sicuramente The Prestige, in cui impersona Nikola Tesla, e Labyrinth – Dove Tutto È Possibile, in cui interpreta il re dei goblin con un look che lo accompagnerà negli anni ’80.
La carriera procede con vari album fino al 2016, quando, proprio nel giorno del suo compleanno, appena due giorni prima di morire per via del cancro tenuto nascosto al pubblico, esce Blackstar, ultimo magistrale lavoro in cui è contenuto il brano Lazarus. Nel video di questa traccia Bowie, coerentemente con il suo pensiero che – come detto – vedeva in tutto una ciclicità, torna ad interpretare il primo, più autentico, se stesso: David Robert Jones.
Cioppi Cioppi