Ahmad Shah Massoud nasce nel 1953 in Afghanistan, in un villaggio a Nord del Paese da una famiglia Sunnita. Nato e cresciuto sotto gli insegnamenti dell’Islam, negli anni 70’ prende una decisione: diventare un combattente. Ma per chi? Per cosa? Il suo sogno era quello di vedere il suo popolo libero dagli interessi stranieri, sovrano e indipendente, così, spinto dal suo sogno comincia a combattere una guerra che poteva benissimo scegliere di disertare.
Nella Kabul degli Anni 70’, Massud e un’intera generazione di studenti legati alle proprie tradizioni sia religiose che culturali, sentono come una sorta di minaccia alla propria identità nazionale la pressione politica dell’Unione Sovietica, e con dalla loro fede, l’Islam, trovano la forza di unirsi per combatterla.
Devono fare i conti anzitutto con una pericolosa e fortissima frammentazione di etnie differenti, che colpirà persino il fronte rivoluzionario dei Giovani Musulmani di cui fa parte Massoud, spaccandolo in fazioni violentemente nemiche: da un lato i moderati molto fedeli a Rabbani, dall’altro gli estremisti guidati da Gulbuddin Hekmatyar, col sostegno del Pakistan.
Si deciderà un colpo di stato nell’aprile 1978 che farà drammaticamente precipitare gli eventi, cacciando il regime repubblicano di Daud in favore di un governo filo-sovietico che fece diventare l’Afghanistan uno stato satellite agli ordini di Mosca. I ribelli non si arrendono, anzi organizzano la resistenza dalla base di Peshawar, ma sono divisi tra loro. Massud, sceglierà di tornare in Panjshir, e da lì cercherà e riuscirà a riunire il suo popolo, creando una personale resistenza contro l’invasore russa, che diventerà obiettivo comune di tutta la nazione.
Negli anni seguenti dal 1979 al 1989, un incessante resistenza portò alla ritirata delle truppe sovietiche, con l’appoggio che popolazioni locali e sotto lo sguardo intrigato dei mass media, stupefatti dal risultato militare, che questi guerriglieri con la loro resistenza e la loro fede incrollabile di un popolo libero, erano riusciti a portare alla ritirata un esercito intero.
Cacciati i sovietici da Kabul, si ricompone il fronte guidato dal professor Rabbani, e Massud, per gli enormi risultati e meriti militari, viene nominato ministro della Difesa e soprannominato “Leone del Panjshir”.
Purtroppo non si ha neppure il tempo di dare un’unione politica al Paese, che ci sarà da subito un duro scontro tra le storiche fazioni interne, e quindi Massud si schiera contro le forze integraliste di Gulbuddin Hekmatyar, in una guerra tra decine di gruppi diversi, che assume da subito i tratti di un vero e proprio conflitto civile. Massud disponeva ancora di un enorme sostegno popolare, ma l’avversario era sostenuto militarmente ed economicamente dal potente Pakistan, che ormai era diventata la massima potenza della regione centroasiatica.
L’Afghanistan ancora una volta fatica nel trovare stabilità e indipendenza. Questo scontro darà terreno fertile a quella che in occidente ancora oggi è conosciuta come la minaccia Talebana, finanziata da tutte le forze che supportano una visione fanatica e intransigente dell’Islam. La resistenza contro i Talebani è forte e serrata, ma non impedirà a questi ultimi guerriglieri nel settembre del 1996 di entrare ed impadronirsi della città di Kabul.
Una volta entrati e preso possesso della città, riescono ad instaurare la Repubblica islamica Afghana, cominciando le persecuzioni verso gli appartenenti ad altre fedi e culture, a limitare la libertà delle donne, a eliminare ogni diritto politico e civile che non fosse previsto dal Corano.
Costretto alla ritirata da Kabul con il Presidente Rabbani, Massud denuncerà ad alta voce la barbarie talebana e il sostegno del governo pachistano. Dovrà però assistere inerme alla vendetta dei nuovi padroni della capitale. Come prima azione, fu preso di mira il primo ministro Najibullah, portato via con la forza dal palazzo dell’Onu, prima torturato ed infine ucciso con un proiettile alla testa, per esser poi impalato sulla pubblica piazza come avvertimento per la popolazione dissidente. Un crescendo di fenomeni atroci, tali da far capire a Massud che era necessario un ritorno alla guerriglia utilizzata contro i sovietici: riorganizza così le sue forze dalla vecchia base nel Panjshir.
Stessa guerra, avversario diverso per Massoud, ma questa volta non è solo, al suo fianco ci saranno le Forze Occidentali Riunite. Il Leone Del Panjshir, sarà alla guida dell’Alleanza Del Nord in funzione anti-talebana.
L’alleanza, alla guida del Leone, porterà vittorie che prenderanno alla sprovvista gli avversari guidati da Mullah Omar. Come scrisse Ettore Mo (uno dei più famosi corrispondenti di guerra): «In una sola giornata, con un duplice attacco, 1800 mujaheddin hanno spinto fuori dalla città — Teleqan — gli 8 mila studenti guerrieri di Omar inseguendoli poi lungo la strada verso Kunduz, a ovest. Più di cento talebani uccisi e 150 prigionieri».
Pochi mesi prima della sua morte, la situazione è in una fase di stallo. Le armate di Massud non riescono a portare avanti la resistenza. Comincia la carestia, la mancanza di cibo uccide non solo i soldati, ma anche la popolazione, che è costretta alla fuga.
È il 9 Settembre 2001, Massud è ormai una persona conosciuta a livello internazionale, e quel giorno una coppia di giornalisti tunisini si avvicinano per un intervista. Il tempo di montare le telecamere e azionare le bombe nascoste al loro interno, che l’attentato è purtroppo riuscito. Il Leone Del Panjshir muore, insieme a lui anche uno dei due attentatori, il secondo sarà ucciso dalle guardie di Massud nel tentativo di fuga. Si scoprirà in seguito che i due attentatori sono stati reclutati a Bruxelles, ed erano al soldo di Al Qaeda.
Solo due giorni dopo la notizia viene resa pubblica, ma passerà in secondo piano dato che il mondo è scosso da un grave attentato terroristico, quello dell’11 Settembre alle Torri Gemelle. I due attentati per molti sono collegati, magari quello a Massaud era un avvertimento non ascoltato o magari sottovalutato.
Sta di fatto che oggi la tomba di Ahmad Shah Massoud può essere considerata un simbolo per tutti gli afgani liberi, un monito di forza e coraggio per quella tragedia di popolo.
Nel 2002 viene candidato, ormai postumo, al Premio Nobel per la pace e al Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Nello stesso anno, il 25 aprile, Ahmad Shah Massoud è stato proclamato ufficialmente eroe nazionale dell’Afghanistan sovrano e indipendente.
Steiner