Otto settembre 1943, armistizio di Cassibile. L’Italia di Badoglio a seguito dell’avanzata alleata si arrende e passa dalla parte dell’invasore. A Napoli avvengono tumulti: bande di popolani assaltano depositi di viveri e la città è nella più completa anarchia. I Tedeschi prendono il controllo della città. Iniziano anche i primi rastrellamenti, molto spesso provocati dai primi partigiani, i quali sfruttano il malcontento di chi si sente sempre più vessato dalle privazioni della guerra per generare un movimento di resistenza, nell’attesa degli alleati che il nove settembre sono sbarcati a Salerno. In questi giorni Domenico Tilena ricostituisce la sede del Fascio a Via Medina, ottenendo l’iscrizione di un centinaio di ragazzi mentre il colonnello Scholl, comandante tedesco della città, rimane allibito giudicandola una follia visto l’imminente arrivo degli alleati.Viene ricostituita anche la Milizia, sotto il comando di Giovanni Cuocolo, con sede nella scuola elementare “Vincenzo Cuoco”. Il ventisette settembre la divisione tedesca “Herman Goring” rompe il contatto con il nemico e si ritira, lasciando spianata la strada per Napoli. In città si sparge la voce dell’arrivo degli Anglo-Americani e i partigiani, con le forze tedesche ormai in ritirata, escono dai loro rifugi. Iniziano le quattro giornate di Napoli. In questa situazione, tra Tedeschi e partigiani, anche i Fascisti imbracciano i fucili ed iniziano a combattere. Il ventotto e ventinove i Franchi tiratori sono già in azione. Invece la gran massa della popolazione rimane estranea agli scontri per repulsione verso gli eccidi di cui giunge voce e per la paura di rimanere coinvolti negli scontri. I Franchi tiratori combattono strenuamente al Vomero, al museo, a Porta Capuana,Via Salvator Rosa, Piazza Mazzini, per le strade del centro ma anche in periferia. Da una Terrazza della Rinascente, nella centralissima Via Toledo, un ragazzo isolato spara con una mitragliatrice. Accerchiato e con le munizioni ormai finite, per non essere catturato si getta nel vuoto. A via Duomo un capitano della Milizia combatte valorosame e quando gli insorti lo raggiungono si spara. A Piazza Marinelli un Franco tiratore spara e lancia bombe a mano da un terrazzo ma appena catturato viene fucilato senza pietà. Pochissimi riescono a salvarsi, nessuno chiede pietà: non il Tommasone che per tre giorni spara senza sosta da una casa della salute a Via Imbriani, non il Porro, non altri ragazzi uccisi in combattimento o fucilati. Al Tommasone, dopo essere stato catturato, gli viene intimato di rinnegare la sua fede Fascista e di sputare su un’immagine del Duce, ma rifiutatosi con sdegno viene fucilato a Via Salvator Rosa. Il Porro nel Rione Materdei, dopo essere stato catturato, viene linciato da una folla di facinorosi e dopo essere stato gettato su un cumulo di immondizie, i partigiani presenti obbligano il padre e la madre a sputare sul corpo del figlio. Il trenta settembre i Tedeschi hanno quasi completamente abbandonato la città ma i Fascisti resistono ancora, sparpagliati a macchia di leopardo. Tra Via Salvator Rosa e Museo, un commando appostato sui tetti pone molta resistenza al nemico,causandogli ingenti danni. Dal liceo Vittorio Emanuele un gruppo spara su Piazza Dante tenendo sotto scacco i nemici per molto tempo. Un episodio clamoroso accade alla caserma Paisiello a piazza Montecalvario: un gruppo di Fascisti rifugiatosi nella caserma resiste per due giorni e il terzo dopo un’ora di sparatoria riesce a dileguarsi e a non essere catturato. I Franchi tiratori combattono strenuamente anche al Vomero restando spesso uccisi. Invece ad Afragola una compagnia della Milizia, sotto il comando del tenente De Fleury, resite strenuamente. Il reparto al completo infine riesce a disimpegnarsi e, impossessandosi di un autocarro, ripiega a Nord per combattere sotto la bandiera della Repubblica Sociale. A Piazza Mazzini quattro giovanissimi tiratori piantati in mezzo alla piazza, armati solo di moschetto, combattono coraggiosamente contro i partigiani appostati nelle case circostanti, quando una colonna tedesca in ritirata si ferma e invita i quattro a salire. I giovani spavaldamente si rifiutano di ripiegare dicendo di aspettare l’arrivo degli Alleati per opporre un’ultima resistenza. Di loro non si è saputo più nulla. Il primo ottobre gli alleati entrano ed occupano la città. Pochissimi superstiti si danno alla clandestinità per contrastare l’occupazione nemica. Per i Fascisti si trattò di un fenomeno assolutamente spontaneo e perciò disorganico, che può essere interpretato come un gesto di fedeltà verso un ideale e una nazione che vedevano crollare intorno a loro. Come dice Enzo Erra “Non lottavano per vincere e sapevano di non avere un domani.”
Di Chicco