“Finché il controllore ferroviario avrà un tono coi viaggiatori di prima classe, e un altro tono, leggermente diverso, con quelli di terza; finché l’usciere ministeriale si lascerà impressionare dal tipo “commendatore” e passerà di corsa sotto il naso del tipo a “povero diavolo”, magari dicendo torno subito; finché l’agente municipale sarà cortesissimo e indulgentissimo con l’auto privata, un po’ meno col taxi e quasi punto con quella marmaglia come noi, che osa ancora andare coi suoi piedi; finché il garbo nel chiedere i documenti sarà inversamente proporzionale alla miseria del vestiario; eccetera eccetera eccetera; finché insomma in Italia ci sarà del classismo, anche se fatto di sfumature spesso insensibili agli stessi interessati per lungo allenamento di generazioni; e finché il principal criterio nello stabilire la gerarchia sociale degli individui sarà il denaro o l’apparenza del denaro, secondo l’uso delle società nate dalla rivoluzione borghese, delle società mercantili, apolitiche ed antiguerriere; potremo dire e ripetere che c’è molto da fare per il Fascismo. Il che poi non è male. Non è male, a patto che lo si sappia bene”.
Così parlava Berto Ricci, fondatore de L’Universale ed esponente della Scuola di Mistica Fascista.
E’ difficile commentare parole così chiare, che a distanza di tanti decenni sono ancora così tremendamente attuali per il nostro Paese, è arduo commentare parole che non avrebbero davvero bisogno di alcuna chiosa.
La nostra riflessione può dunque essere una sottolineatura, un voler ribadire che Fascismo è per natura aldilà di logiche classiste materialiste, basate sul censo. Bisogna tenere a mente tutto ciò perché il passare del tempo non ci faccia diventare le caricature che gli altri vorrebbero che fossimo; ricordare le parole di chi ci ha preceduto, incarnarne l’eredità morale, significa sbugiardare quelli che ci vorrebbero come stereotipi viventi, come reazionari servi dei potenti, cioè tutto il contrario di ciò Berto Ricci ed altri nostri predecessori avrebbero voluto che fossimo.
La nostra “equa disuguaglianza qualitativa” non può essere confusa con quello che questa società mercantile pretende come chiave della scala gerarchica: la facoltà, la possibilità di, il capitale da spendere, sono nulla in confronto al coraggio, lo spirito di sacrificio, l’altruismo e la capacità di vivere l’amicizia virile e cameratesca tipica dei guerrieri. L’individualista che non è in grado di farsi valere con le proprie virtù all’interno di un contesto più amplio non può rappresentare nulla. Colui che pretende diritti senza conquistarseli non ha posto. Chi vuole imbrogliare può solo provare ad imitare il fascista e magari inizialmente riuscire anche a gabbare tutti, ma alla prova dei fatti risulterà antifascista poiché la disonestà non è di queste parti.
Noi siamo dei fanatici del merito, siamo dei fanatici dell’opposizione al classismo in senso borghese, siamo dei fanatici della tendenza al miglioramento del corpo sociale nella sua totalità, attraverso un rifiuto dell’uguaglianza; essa non è nient’altro che “un ragguaglio del popolo al livello dei più”, insomma una condanna alla mediocrità che possa funzionare da scudo in dote ai privilegiati per censo.
Questo paese si sta accasciando nel torpore di un classismo che induce sempre più stanchezza nelle generazioni, decennio dopo decennio; l’Italia ha bisogno di questa spinta fascista che sa di adolescenza, poiché rifiuta le comode certezze e decide di scuotere lo Stivale fin nelle sue fondamenta. Distruggere queste vecchie abitudini alla remissività al patronato sarà solo il primo passo di un nuovo inizio radioso.
a cura della redazione del Blocco Studentesco Napoli