La Napoli della corruzione e della camorra, così si presenta oggi al cospetto della Nazione, attraversò un periodo, seppure breve, di grande rigore sociale e politico. Il Fascismo a Napoli nasce e cresce con Aurelio Padovani. Molti sono i napoletani che non conoscono l’idea e la visione di Padovani di una Napoli libera finalmente da clientele e notabili, usurai e camorristi, massoni e doppiogiochisti. Aurelio padovani nacque il 28 febbraio 1889 a Portici in provincia di Napoli, era un operaio portuale, aveva sei figli, nullatenente. Da giovane combattè nella campagna di Libia (29 settembre 1911 – 18 ottobre 1912) e successivamente sul Carso nella Prima Guerra Mondiale. Milite pluridecorato, segnato dalla guerra ma mai sconfitto. Era un lavoratore, non aveva perseguito studi se non quelli elementari. Malgrado ciò era dotato di un certo carisma. Del sindacalismo rivoluzionario del comandante Padovani si parlerà fino alla sua morte; si dirà poi che “dopo Padovani a Napoli non ci fu più politica”, a sostenerlo fu l’antifascista Ignazio Silone. Fedelissimo alla rivoluzione, vedeva l’unica giustizia possibile per riscattare le masse operaie e cittadine nel primo Fascismo, credeva nella giustizia sociale che andava conquistata anche a colpi di rivoltella e desiderava risollevare il meridione d’Italia che ancora stentava a stare al passo col resto della Nazione. Venutosi a creare Il movimento dei Fasci di combattimento (23 marzo 1919), rimase affascinato dalla veemenza e dalla forza dello squadrismo nonché dalle idee di Mussolini. Così il 4 aprile del 1920 fondò il Fascio Napoletano insieme all’avvocato Miranda ed al capitano Navarra degli Arditi. In città non era visto bene proprio da tutti il Fascismo padovaniano. Tutto ciò che non si identificava nella visione del Fascismo a Napoli era “nazionalismo”. Strano ma vero, tra i nazionalisti di Paolo Greco vi erano socialisti, antifascisti, camorristi, usurai e molto altro che nulla ma proprio nulla aveva a che fare con i valori del nazionalismo. In quei tempi, Greco e i nazionalisti non costituirono affatto un pericolo per il Padovani né per i suoi seguaci: si tennero in tutta la provincia comizi e manifestazioni e sempre più persone furono attratte dal “fascista intransigente”. In pochi anni di politica il Comandante ottenne tantissimi consensi: nel marzo 1921 fu eletto Segretario politico del Fascio di Napoli; nell’ottobre dello stesso anno occupò la carica di Segretario Provinciale; divenne il leader del Fascismo campano, l’organizzatore delle masse napoletane e verso la fine dello stesso anno partecipò al congresso Fascista a Roma; ebbe un incarico di un certo rango a novembre quando fu eletto nel comitato centrale del PNF. Tra il 21 e il 22 ebbe un ruolo fondamentale tra i cinque comandanti di zona nell’organizzazione e nella guida della marcia su Roma: riunì le squadre d’azione al campo sportivo dell’Arenaccia e le condusse poi tra il 28 e il 31 ottobre nella Capitale. Ecco, Padovani appoggiò comunque la rivoluzione, sebbene in contrasto con il Duce Mussolini. Infatti, pochi giorni prima della marcia, Mussolini tenne un discorso al teatro San Carlo a Napoli. Non mancarono omaggi ed elogi. Padovani, però, dall’indole schietta e leale, nemmeno al Duce riuscì a tenere nascosta la sua avversità alla monarchia e questo fu motivo di discordie. Altri tempi, altri uomini. Il Duce dirà poi del Comandante <<..Per Padovani esistevano solo il sì e il no, e un buon programma politico deve tenere in conto anche il forse.>> Per questo disaccordo col Duce si verificarono altri eventi che portarono il Padovani dapprima a presentare le dimissioni dai suoi ruoli e il distaccamento dal Partito, che furono respinte, e poi alla sua espulsione. Per chi lo amava, per chi lo odiava o per chi semplicemente ne conosceva il mito la sua morte rappresenta tutt’ora un mistero fitto e irrisolto, tuttavia Gerardo Picardo nell’opera dedicata al Capitano riesce a smentire tutte le tesi sulle congiure e i complotti nei suoi confronti. La fine del Fascismo, della politica e della rivoluzione a Napoli avviene il 16 giugno del 1926: nel giorno del suo onomastico egli si affaccia dal balcone di via Orsini con alcuni dei suoi più fedeli per rispondere al saluto della folla che era accorsa per dare gli auguri al Capitano quando all’improvviso crolla la balconata. Nell’incidente moriranno Aurelio Padovani e altre otto persone. Fu dopo la sua morte che i suoi seguaci furono perseguitati o comunque non ebbero vita facile. Il suo ricordo ora sopravvive nelle gesta di chi valorizza ancora il suo pensiero, ora che riposa nel recinto degli uomini illustri nel cimitero di Poggioreale. Onore ad AURELIO PADOVANI!
Di G. Sindaco